Performance Relativistiche
Come i principi della fisica relativistica possono guidare la tua trasformazione
La velocità della luce è la velocità massima raggiungibile per muoversi attraverso lo spazio-tempo e può essere raggiunta solamente da particelle prive di massa. Qualunque cosa possieda una massa - e quindi una inerzia - è immancabilmente destinato a poter viaggiare al massimo a frazioni della velocità della luce. Più su questo in momento…
Ugualmente noi tutti possediamo un’inerzia nell’apprendimento di nuove skill - di qualunque tipologia di skill si stia parlando (abilità sportive, performance sportive, conoscenze, skill professionali - hard e soft, et cetera) - e non possiamo “muoverci” a velocità a piacere verso di essa; tale vincolo ci forza a dover espletare un certo sforzo per un determinato periodo di tempo. Un maggiore sforzo determina un tempo inferiore per il raggiungimento della skill (occorrente tra i livello attuale ed il livello target desiderato), ma tale intervallo – benché soggettivo e fortemente dipendente da condizioni al contorno variabili – non è infinitamente contraibile, e questo avviene per due motivi: 1) lo sforzo che possiamo espletare non è infinito, e 2) la nostra biologia ci limita nei tempi di apprendimento e adattamento.
Ogni cambiamento - e l’apprendimento di una skill è un cambiamento - avviene partendo da un punto sorgente, che definiremo A, ed approdando ad un punto destinazione, che definiremo B. In A non possediamo il livello di skill desiderato, in B possediamo la skill al livello desiderato. Il percorso che porta da A a B è caratterizzato quindi da:
l’immissione di energia (sforzo - E)
una certa quantità di tempo minimo soggettivo (T)
il tempo richiesto (t), il quale è in qualche modo proporzionale alla quantità di energia immessa (E) ma deve sempre verificarsi la condizione t ≥ T.
Qualunque sia la skill cui si sta facendo riferimento da A a B ci si muove su una traiettoria definita dalla curva di apprendimento (o curva-S.)
Quando la macchina è stata messa in moto - e le strategie per farlo sono molteplici - si comincia a muoversi molto velocemente verso il raggiungimento della skill desiderata. Prendendo ad esempio lo sport questo avviene in maniera abbastanza chiara: quando si comincia con un nuovo sport, oppure si vuole apprendere una skill ulteriore relativa allo sport che già si pratica, inizialmente i progressi sono palpabili, giorno dopo giorno ci si accorge dei miglioramenti; la forza incrementa, il corpo si adatta ai nuovi movimenti, gli schemi mentali e motori si rafforzano grazie alla ripetizione, l’energia e la dedizione sono altissime e a loro volta rafforzate dai miglioramenti sensibili percepiti.
Questo periodo inflazionario ha però una estensione limitata e relativamente presto si raggiunge il cosiddetto plateau in cui tutto rallenta, i miglioramenti diventano sempre meno visibili - fino quasi a scomparire - e la motivazione se ne va con essi. Ci si trova quindi bloccati, in un limbo in cui da un lato c’è l’abbandono e dall’altro c’è la prospettiva di una fatica continuativa e non temporalmente delimitata non particolarmente invitante.
Noi siamo sempre abituati a valutare i grandi raggiungimenti delle persone che “ce l’hanno fatta” tramite il filtro sul bias della sopravvivenza, tuttavia tutti sperimentano il plateau a qualsiasi livello e per qualsiasi percorso. Coloro che “ce l’hanno fatta” ed hanno raggiunto il livello di mastery sono solo stati sufficiente determinati da non lasciarsi scoraggiare da esso.
Consideriamo ora una navicella spaziale che debba spostarsi "*L'entusiasmo iniziale è come un fuoco di paglia. Può bruciare forte per un po', ma poi si spegne rapidamente. Per mantenere la motivazione nel tempo, dobbiamo cozltivare un fuoco che bruci piano, ma che non si spenga mai.*" - Seth Godinda un pianeta A ad un pianeta B. La civiltà che ha costruito questa navicella è tecnologicamente molto avanzata e quest’ultima è quindi capace di viaggiare a velocità relativistiche propulsa da motori a fusione. I due pianeti sono sufficientemente distanti da permettere alla navicella di raggiungere la sua velocità massima, il 99% di c. In accordo alla teoria della relatività ristretta (sviluppata da Einstein e pubblicata nel 1905 durante il suo annus mirabilis) lo spazio e il tempo sono una cosa sola e ci si muove costantemente attraverso quello che viene quindi chiamato spazio-tempo. Esattamente come in uno spazio tri-dimensionale più ci si muove nella direzione individuata da una coordinata assiale meno ci si muove nelle altre due coordinate, così lo spazio-tempo individua uno spazio tetra-dimensionale in cui più ci si muove nello spazio (3 coordinate spaziale) e meno ci si muove nel tempo – e viceversa. Mi perdoneranno i fisici per l’assoluta semplificazione di questa descrizione. Maggiore è la velocità alla quale la navicella si muove, meno si “muove” nel tempo; conseguentemente il tempo, nel sistema di riferimento della navicella, rallenta. Dire che il tempo rallenta equivale a dire che si espande, più la coordinata temporale è espansa più il tempo passa lentamente perchè per “muoversi” da un punto temporale ad un altro è necessario compiere più “strada”. Questa è una delle spettacolari conclusioni della teoria della relatività speciale. Ma non finisce qui… se il tempo si espande, le grandezze spaziali si comprimono. Per il viaggio della nostra navicella questi due fatti hanno delle conseguenze davvero interessanti: gli esseri viventi al loro interno, percependo uno scorrere del tempo rallentato, è come se invecchiassero meno relativamente ai loro simili rimasti sulla superficie del pianeta; ma, in maniera più interessante - e coerentemente con le conclusioni che questo articolo si prefigge di trarre - essendo le distanze contratte nel sistema di riferimento della navicella la sua destinazione sembrerà più vicina.
"L'entusiasmo iniziale è come un fuoco di paglia. Può bruciare forte per un po', ma poi si spegne rapidamente. Per mantenere la motivazione nel tempo, dobbiamo coltivare un fuoco che bruci piano, ma che non si spenga mai." – Seth Godin
Più veloce la navicella si muove da A a B, più la sua destinazione B si avvicina; questo meccanismo è superiormente vincolato dal fatto che la navicella non può superare la velocità della luce c (a meno di trucchetti strani che fingiamo di ignorare in questo momento). Si comincia a capire dove stiamo andando a parare?
Ora c’è un colpo di scena, qualcosa di completamente contro-intuitivo per chi non sia avvezzo alla fisica relativistica. Nello spostamento da A a B la nostra navicella ad un certo punto dovrà rallentare – posto che i viaggiatori vogliano arrivare sani e salvi sul pianate B. Nel momento stesso in cui la navicella rallenta, il pianeta B, sua destinazione, è come se si allontanasse nonostante essa stia continuando a muoversi in quella direzione. Questo perchè rallentando le grandezze precedentemente contratte si “distendono” e, nel sistema di riferimento della navicella, la distanza tra la navicella e B viene espansa. Una civiltà che dovesse pianificare un viaggio di questo tipo senza conoscere la fisica relativistica sbaglierebbe di gran lunga la quantità di carburante (energia - E) ed il tempo (t) richiesti dal viaggio.
“Per la miseria! Gli Eridiani non conoscono la fisica relativistica. Hanno calcolato l’intero viaggio basandosi su quella di Newton, hanno organizzato tutto supponendo che potessero semplicemente accelerare sempre più e che la velocità della luce non rappresentasse un problema. Non conoscono la dilatazione temporale. Rocky non si rende conto che su Erid è trascorso molto più tempo rispetto a quello che ha passato lui in viaggio. E ignorano la contrazione delle lunghezze. La distanza verso Tau-Seti aumenterà man mano che si rallenta relativamente a quel sistema anche se ci si sta spostando verso quel punto.” - Andy Weir, Project Hail Mary
Uscendo ora di metafora proviamo a tracciare dei parallelismi espliciti tra un percorso di apprendimento/cambiamento e il percorso che la nostra navicella immaginaria compie da A a B:
Partenza e destinazione: gli stessi vincoli, sopra descritti, che valgono per l’apprendimento di una skill (energia, tempo e tempo minimo superiormente vincolato) valgono anche per la navicella che voglia spostarsi da un punto di origine A ad un punto destinazione B. Il punto A può essere “statico” ad esempio un pianeta oppure un punto dello spazio qualunque dal quale la navicella passa con una certa velocità iniziale. Entrambi gli scenari rappresentano un caso di vita: il primo in cui la skill desiderata non è posseduta a nessun livello, il secondo in cui si possiede già un certo livello – almeno embrionale – di skill. Affinché la navicella si possa spostare da A a B necessita di una certa quantità di energia (derivata dal carburante), una certa quantità di tempo minimo di spostamento superiormente vincolato dal fatto che non può superare la velocità della luce ed il tempo effettivamente necessario.
Massima velocità: A e B sono sufficientemente distanti affinché la navicella possa raggiungere la sua velocità di crociera massima, ovverosia ha la possibilità di espletare al massimo la sua energia. Allo stesso modo i due livelli di skill sono sufficientemente “distanti” tra di loro da giustificare la necessità di spendere una quantità di energia prossimale, al limite delle proprie capacità.
Energia infinita: non considerare le conseguenze della fisica relativistica sul viaggio porta ad una pianificazione totalmente incoerente con la realtà; in maniera molto rilevante la quantità di carburante previsto sarebbe di gran lunga maggiore rispetto quella realmente necessaria. Si ha un extra costo iniziale sia di progettazione della navicella sia di carburante in quanto tale e si ha un extra costo in termini di energia spesa per movimentare una certa quantità di massa inutile in surplus. Spesso si pensa che accelerare all’infinito costituisca la strategia migliore per arrivare il più velocemente possibile a destinazione ma, anche se fosse, in certe condizioni il fine non giustifica i mezzi. L’obiettivo è quello di lavorare in modo intelligente non duro a tutti i costi. Non si considerano i costi, spesso nascosti, di accelerare all’infinito: l’energia in più necessaria, una durata maggiore del viaggio, la possibilità di burnout e il conseguente fallimento del viaggio per mancanza di energia residua ed, infine, un fardello non necessario da portarsi dietro dal quale, invece, sarebbe convenuto spogliarsi prima di intraprendere il viaggio rendendo tutto più efficace.
L’illusione della vicinanza: tanto quanto a velocità relativistiche la meta sembra più vicina a causa del fenomeno di contrazione delle lunghezze così l’entusiasmo iniziale combinato con il fatto che la curva di apprendimento sia molto veloce all’inizio del percorso fanno percepire l’obiettivo come più vicino, più facilmente raggiungibile ed in un tempo minore.
Ciò che non s’avvicina, s’allontana: ripetiamolo per dovizia di chiarezza: se una navicella si stesse muovendo a velocità relativistiche verso una destinazione, nel momento in cui dovesse rallentare la destinazione si allontanerebbe nonostante il fatto che la navicella si stia ancora muovendo in quel senso lungo quella esatta direzione. Pensiamoci un attimo, quante volte è capitato di sperimentare questa cosa sulla propria pelle? No, non la velocità relativistica, ma la sua analogia nell’apprendimento di una skill. Lo si vede principalmente in quelle attività dalle quali ricevi feedback misurabili e immediati, come ad esempio lo sport. Parti da un livello, prepari un bel piano di allenamento il più strong possibile credendo che questo ti possa portare verso l’obiettivo nel più breve tempo possibile e ti ci butti a capofitto. I miglioramenti iniziali sono palpabili ma, ad un certo punto, lungo il percorso ti fermi per fare un assessment di come sta andando e ti accorgi di come sia incrementalmente più difficile e più lenta la scalata verso l’obiettivo che, metaforicamente parlando, si sta “allontanando”. Entusiasmo e perseveranza cieca rischiano di far ottenere l’esatto opposto di quello che invece ci si auspicherebbe da loro: più effort richiesto per un tempo più lungo. Questo non per dire che non serva la velocità relativistica, serve eccome (fa risparmiare tempo ed energia), ma è necessario sfruttarla nel modo giusto secondo le giuste strategie.
Il non ritorno: come abbiamo detto il tempo, per coloro che sono sulla navicella, passa in modo diverso rispetto a come lo percepiscono coloro che sono rimasti sul pianeta di origine. Per coloro presenti sulla navicella il tempo è passato più lentamente ed un loro eventuale ritorno sul pianeta di origine li farebbe incontrare con una realtà ben diversa da quella che ricordavano. Analogamente un qualsiasi percorso di trasformazione porta ad una nuova identità che renderà irriconoscibile quella di partenza: noi saremo cambiati, gli altri saranno cambiati perchè anch’essi in fase di trasformazione e la nostra percezione degli altri sarà cambiata a causa della trasformazione di entrambi.
“You do not rise to the level of your goals. You fall to the level of your systems.” - James Clear
Ai più attenti di voi non sarà sfuggito che l’utilizzo di questa analogia con un fenomeno fisico porta a delle considerazioni in apparente contrasto tra di loro. In alcuni casi sembra che la “velocità relativistica” nella trasformazione sia un vantaggio e, in altri, uno svantaggio. La realtà è sempre più sfaccettata di quello che appare, specie quando prendiamo in considerazione la trasformazione di individui complessi come lo siamo noi. La realtà è che è sempre e comunque necessario trovare un giusto bilanciamento tra i vari elementi che compongono un percorso di trasformazione. La cosa bella delle storie e delle analogie è che ci permettono di essere “elastici” con la logica, purché ogni singolo ragionamento sia solido, al fine di poter ottenere una comprensione aumentata dalla realtà e del nostro rapporto con essa.
Fatta questa doverosa premessa, possiamo ora cercare di trarre delle conclusioni che possano essere funzionali alla costruzione di un percorso:
Un percorso di apprendimento, cambiamento o trasformazione non può prescindere dalla definizione del punto di partenza e del punto di arrivo come anche dalla definizione di step intermedi di valutazione del percorso stesso: stiamo andando troppo veloci? troppo lenti? riusciremo a frenare in tempo per non rischiare di mancare la destinazione? ci stiamo arenando? in quale punto siamo della curva sigmoide?
Si possono individuare tre “zone”: una zona di comfort (nella quale possediamo tutte le skill per fare tutto quello che ci viene richiesto), una zona di assoluta incertezza molto al di fuori della zona di comfort (nella quale non solo non possediamo le skill richieste ma non sappiamo neanche quali esse siamo) ed una zona prossimale appena fuori dalla zona di comfort (nella quale abbiamo la possibilità di addentrarci perchè le skill necessarie sono note, anche se non ancora completamente sviluppate). La zona di assoluta incertezza ci spaventa e rende poco giustificabile l’investimento di energia e tempo. È proprio la zona prossimale ad essere perfetta perchè richiede energia e tempo ma con la consapevolezza che questi possano portare ad un risultato. Richiede sforzo ma è uno sforzo gestibile e delle capacità appena al di sopra delle nostre massime capacità. È verso questa zona prossimale che possiamo muoverci a velocità relativistiche sfruttando i benefici che ne derivano. Un obiettivo nella zona di assoluta incertezza può essere spacchettato nel raggiungimento di zone prossimali successive. Proprio grazie a questo l’energia richiesta non sarà infinita – rendendo il viaggio addirittura difficile, se non impossibile, da cominciare – ma sarà spacchettata in tanti pacchetti di energia finita definibili e affrontabili. In accordo alla legge di Oberth un impulso dona una energia propulsiva tanto maggiore quanto maggiore è l’energia cinetica posseduta dal mezzo ricevente l’impulso (è il principio di funzionamento alla base dei sistemi di propulsione multi-stadio o delle manovre a fionda gravitazionale). Allo stesso modo il muoversi per zone prossimali successive ci permette di sfruttare quanto acquisito ed accelerare sempre più ad ogni step.
La fisica è così com’è e le sue leggi non possono essere contravvenute. La nostra vita e l’apprendimento invece possono essere “giocate” attraverso l’utilizzo di giuste strategie implementative che ci permettano di raggiungere i nostri obiettivi in modo smart sorpassando quegli ostacoli che ci vengono continuamente posti di fronte.
La procrastinazione e lo stancarsi di quello che si sta facendo perchè non si vede una fine è dovuto al fatto che vengono spese troppe energie per l’entusiasmo iniziale. Piuttosto che spendere tutte le energie trasportati dall’effetto wow è molto meglio distribuirle nel tempo e mantenere una erogazione costante nel tempo creando un sistema, trasformando la propria vita, in modo che il sé che già ha raggiunto l’obiettivo sia integrato in modo sistemico con il proprio sé presente.
Ora non basta che decidere da dove stiamo partendo (Reality), definire dove vogliamo andare (Goal), capire quali sono i possibili percorsi che possiamo intraprendere tra questi due estremi (Options) e definire una strategia (Way forward)1; accettando che noi e la nostra percezione di quel che ci circonda cambierà per sempre e che questo è il bello della trasformazione. Buon viaggio!
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Il modello GROW per la gestione del cambiamento è stato proposto da Alan Fine.